La questione ambientale

 

Negli anni Cinquanta l’interesse per l’ambiente era ancora una questione secondaria e non particolarmente importante né per l’opinione pubblica né per le istituzioni. Negli anni Sessanta, invece, Regione, Provincia e parte della cittadinanza iniziano ad interessarsi all’ambiente, soprattutto dopo la grande alluvione che colpisce il Trentino e il territorio nazionale nel 1966.

 

 

 

 

 

 

I Parchi naturali

 

Il dibattito sulla necessità di salvaguardare alcune zone del Trentino ritenute particolarmente pregiate dal punto di vista naturalistico era stato sostenuto dall’associazionismo ambientalista, ma non aveva ancora assunto un interesse “istituzionale”. Un tentativo pratico che prevedeva l’istituzione di queste aree protette (Parco Naturale Adamello-Brenta e il Parco Naturale Paneveggio-Pale di San Martino) aveva preso avvio già nel 1951, ma la doppia proposta alla Giunta regionale e al Parlamento si era rivelata inconcludente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dopo alcuni confronti tra politici, professionisti e cittadinanza, l’11 agosto 1967 il presidente Kessler riesce a far approvare il Piano Urbanistico Provinciale, conosciuto come PUP, che, tra le altre disposizioni, prevede una serie di vincoli paesaggistici per aree ritenute da salvaguardare.

Il Parco Adamello-Brenta e il Parco Paneveggio-Pale di San Martino, tuttavia, saranno effettivamente istituiti solo vent’anni dopo la loro iniziale progettazione. Il motivo principale di tale ritardo risiede nella mancanza di una regolamentazione, ossia del “Piano di Parco”. Il PUP, infatti, riconosce la necessità di tutelare queste aree e ne riconosce i vincoli paesaggistici, ma non ne prevede le modalità di attuazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

In generale, la popolazione trentina non si dimostra particolarmente favorevole all’istituzione di questi parchi, intesi come aree protette, perché li interpreta come una limitazione alle vantaggiose opportunità del turismo. Le misure di tutela comprendono il divieto di costruire case e impianti o di transitare in certe aree con i veicoli. In alcuni casi le opposizioni locali sono molti forti: i residenti non credono che preservare l’ambiente in questo modo sia favorevole alla crescita economica e culturale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La tutela ambientale

 

 

Il 18 febbraio 1963 Italia Nostra apre una sezione provinciale anche in Trentino nel tentativo di salvaguardare il territorio da alcuni interventi di sfruttamento ambientale. Un gruppo di volontari costituisce l’associazione la cui sede viene inizialmente collocata presso il Museo di Scienze Naturali con lo scopo di sostenere una cultura del territorio e rivendicare un rapporto equilibrato tra uomo e montagna.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Negli anni Sessanta la questione della tutela e della protezione ambientale inizia a interessare anche l’amministrazione provinciale, che istituisce un apposito ufficio. Si pongono così le basi per gli interventi di tutela che si svilupperanno negli anni Settanta, quando la Provincia acquisirà competenza in materia.

 

 

 

 

 

 

Le prime battaglie ambientaliste

 

Il lago di Tovel

 

Il lago di Tovel è noto per la colorazione delle sue acque durante i periodi estivi. La Glenodinium sanguineum marchesonii è un’alga che con l’aumento delle temperature accresce la propria concentrazione ed arrossa il lago. Su suggerimento di alcuni ambientalisti, i sindaci dei Comuni di Cles, Tuenno e Flavon decidono di limitare la costruzione di impianti e attrezzature turistiche per tutelare il lago, e tra il 1962 e il 1963 predispongono un piano regolatore specifico per la zona.

 

 

 

Archivio fotografico della Provincia autonoma di Trento

 

 

 

 

 

 

Nel 1966, anche grazie alle pressioni del Sovrintendente delle Belle Arti Nicolò Rasmo, viene emanato il decreto del vincolo paesaggistico di tutta l’area circostante, perché la Glenodinium sta infatti diminuendo progressivamente, con buona probabilità a causa dell’antropizzazione spinta. Italia Nostra propone lo spopolamento delle case intorno al lago e la chiusura della strada adiacente, ma il Consiglio Regionale approva solo la costruzione del sistema fognario di Tovel.

 

 

 

 

 

 

La centrale idroelettrica in Val di Genova

 

All’inizio degli anni Sessanta viene progettata la costruzione di una grande centrale elettrica all’imbocco della Val di Genova, per raccogliere le acque del gruppo Adamello-Brenta. Nel 1962 iniziano i lavori, ma vengono presto fermati dalle mobilitazioni del mondo ambientalista, con il sostegno di Provincia, Regione, Sovrintendenza, Comuni e altri enti.

 

 

 

 

 

 

Le proteste contro la centrale e l’ipotesi della creazione di impianti turistici che deturperebbero la primitiva ed eccezionale bellezza di quell’oasi naturale si fanno insistenti. La galleria di gronda della SISM (Società Idroelettrica Sarca Molveno) provocherebbe il prosciugamento di sorgenti e un danno irreparabile alla vita della foresta. Già lo sfruttamento del fiume Sarca da parte della stessa società provoca la mancanza d’acqua in alcune malghe e masi della zona, si chiede almeno di lasciare intatta la Val di Genova.

 

 

 

Cascate del Nardis – Archivio fotografico della Provincia autonoma di Trento

 

 

 

 

 

 

 

Con la nascita dell’ENEL (1963), gli impianti SISM passano all’ente nazionale, che vuole ampliare il progetto. Italia Nostra e altre associazioni protezionistiche chiedono l’immediata creazione di un Parco Naturale nella zona per proteggerla, e il Centro Internazionale per la Protezione delle Regioni Alpine le sostiene.

Anche la Provincia e la popolazione sono fortemente contrarie alla centrale e, con l’approvazione del PUP, la Val di Genova viene definita quale zona con particolari vincoli paesaggistici da salvaguardare.

 

 

 

 

 

Con l’approvazione del PUP viene ribadito il no alla centrale elettrica, che diviene definitivo nel 1982 quando la Provincia, dopo il secondo Statuto di autonomia, acquisisce competenze legislative in materia idroelettrica.

 

 

 

Funivia del Brenta

 

Nel 1966 l’ingegnere Scipio Merler pensa di valorizzare il gruppo Brenta creando la società Il Brenta S.p.A. e progetta un impianto di risalita in due tronchi da Molveno (800 metri) al rifugio Tosa (2.500 metri) con una portata di 2.600 persone all’ora.

La SAT e Italia Nostra sostengono che la zona del Brenta debba divenire Parco naturale per il suo ambiente alpino unico al mondo ed esprimono contrarietà all’impianto. Il 7 aprile 1967 gli abitanti di Molveno manifestano a favore della funivia; in quest’occasione incontrano il presidente Kessler che si dichiara favorevole al progetto, purché una equipe di tecnici vigili per evitare il rischio ambientale. In un secondo momento si scopre, però, che i terreni che Merler avrebbe dovuto acquistare dal Comune di Molveno sono in realtà proprietà della Regione che non intende vendere.

Così, il progetto della funivia del Brenta si arena definitivamente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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