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Alcuni studenti di sociologia contribuiscono a consolidare il movimento studentesco. Il sociologo e giornalista italiano Mauro Rostagno, scomparso nel 1988, vittima di un agguato mafioso in Sicilia, il suo amico Marco BoatoPaolo Sorbi e molti altri fondano nel 1969, proprio nella facoltà di sociologia, il movimento politico comunista “Lotta Continua“.

 

Nel 1966, dal 25 gennaio al 2 febbraio, si tiene a Trento la prima occupazione da parte degli studenti: chiedono che sia mantenuta la specificità del corso di laurea in sociologia e che non venga trasformato in un percorso di scienze politiche. Le richieste degli studenti incontrano la solidarietà del mondo politico e culturale trentino: nel maggio dello stesso anno, il Senato approva il disegno di legge che istituisce il percorso di laurea in sociologia.

 

 

1968

Una firma perchè sociologia non diventi scienze politiche. – Foto di Giorgio Salomon, tratta da: “Trento 1950-1980. Trent’anni di storia e cronaca” Temi editrice

 

 

Grazie all’impegno e all’entusiasmo di tanti giovani – che optano per una partecipazione totale alla vita politica della facoltà – si raggiunge, per esempio, un primato nella storia dell’università italiana, poiché per una settimana, nel 1967, si organizzano molteplici manifestazioni interne, e assolutamente pacifiche, contro la guerra del Vietnam.

 

A Sociologia, in via Verdi a Trento, si formano anche Renato Curcio e Margherita Cagol, due giovani destinati a lasciare una ferita dolorosa sulla città e sull’intero Paese. La loro partecipazione alle Brigate Rosse, però, non deve essere confusa con l’attività politica svolta quando erano ancora giovani studenti universitari; chi li ha conosciuti e ha collaborato con loro in questi anni, li ricorda per il grande impegno, ma non certo per l’estremismo e l’intransigenza, successivamente dimostrata.

 

 

Manifestazione studentesca – Foto di Giorgio Salomon

 

 

 

L’arrivo dell’università in Trentino ha degli influssi anche sugli operai delle fabbriche, insediatesi nel territorio fra gli anni Sessanta e Settanta e fra quelle “storiche” come la Sloi, la Michelin, la Carbochimica e l’Italcementi: gli studenti, infatti, quando cominciano ad occuparsi di politica lo fanno in un’ottica globale, cercando di trovare il modo per rendere l’uomo davvero libero dalle costrizioni sociali. Questo non può, perciò, fermarsi alla condizione giovanile, deve potersi spandere a macchia d’olio.

 

Gli studenti raggiungono i cancelli delle fabbriche, chiedono agli operai di scioperare assieme a loro. Secondo le testimonianze di alcuni operai del tempo, questi giovani studenti sono i portavoce di un malessere che gli operai stessi sentono nel profondo, ma che non osano – oppure non sanno come – manifestare; secondo altri, invece, gli studenti si sarebbero in qualche modo serviti del numero elevato di lavoratori per fare maggior scalpore nell’ottenere i propri diritti.
Ad ogni modo, grazie a quelle proteste, sia gli studenti, sia gli operai ottengono un notevole miglioramento della propria condizione e l’affermazione di diritti fino a poco prima impensabili!

 

 

«Il ’68 nasce dalla Francia, come movimento europeo. Poi sono venute le trame nere con la strage della Banca dell’agricoltura. In quegli anni ci sono i colpi dei colonnelli in Grecia, gli ultimi colpi di Franco in Spagna, il Cile. È una dimensione europea anche la rivolta: c’è l’Algeria, gli ex coloni che diventano terroristi; i palestinesi di “settembre nero”. Bisogna vedere il quadro politico generale: una stagione di rivendicazioni che poi viene strumentalizzata dall’altra parte.

 

C’è stato il processo sugli attentati messi a punto dai servizi segreti per incolpare gli studenti, davanti al tribunale di Trento. Così fino al caso Moro, che è il culmine ed è anche la fine. Il caso Moro gestito in maniera caotica: da un lato Moro non si rivela all’altezza di quello che tanti si aspettavano; lui, che era un uomo che conosceva i retroscena, cerca di fare accettare un patto fra Stato e Brigate Rosse per essere salvato e salvare anche il sistema; entra il Papa, ci sono trattative, e fino a poche ore prima della sua uccisione sembra che possa esserci una via d’uscita; poi interviene qualcosa – c’è chi dice la Cia, chi dice gli infiltrati – e Moro viene ucciso.

 

Questa è la sconfitta del “compromesso storico”, ma anche del terrorismo, perché, vabbè, Moro era importante, ma morto non serve più e le BR hanno sparato la loro ultima cartuccia ed hanno dimostrato che tutte le ingiustizie e le distorsioni del sistema restano e ci sono. Ci sono alcuni anni di sbandamento e poi la reazione in senso opposto.

 

Quel che è certo, però, attivisti o meno, è che la passione per la politica e l’interesse per il bene comune è il comune denominatore di tutti gli studenti di sociologia e quelli che, incuriositi, si avvicinano al suo contesto.» [Franco de Battaglia, nato a Trento nel 1943]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

«Il movimento del ’68 in realtà non è cominciato nel ’68. Le prime esperienze, che erano radicalmente nuove nell’università italiana, sono cominciate nel ’66 con due occupazioni degli studenti per obiettivi molto moderati e molto legalitari. La prima volta occupammo per varie settimane la facoltà, perché volevamo ottenere il riconoscimento della laurea in sociologia e in qualche modo volevamo garantire il carattere innovativo di questa nuova facoltà che rischiava di essere depauperato. La seconda volta è successo alla fine del ’66. Il riconoscimento legislativo lo avevamo ottenuto e occupammo contro lo statuto e il piano di studi che si voleva imporre a questa facoltà – che era nuova, importante, diversa –, era un piano di studi molto arretrato e molto tradizionale.

 

[…] Si è arrivati a questo attraverso un processo di maturazione culturale e politica che sbocca poi nel ’68 e prosegue oltre. La prima metà del Sessantotto è stata veramente la fase di svolta, in cui durante un’occupazione che durò sessantasette giorni, i problemi interni dell’università si collegarono con i problemi di carattere politico più generale, anche internazionale.»        [Marco Boato, nel video «La grande utopia. Il fantasma della rivoluzione»]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Gli scontri del 17 aprile 1970, piazza Venezia – Foto di Giorgio Salomon

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1968

Corteo in piazza Fiera – Foto: archivio della Provincia Autonoma di Trento

 

 

1968

Foto: archivio della Provincia Autonoma di Trento

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1968

Foto: Archivio della Provincia Autonoma di Trento

 

 

 

1968

Corteo in Piazza Venezia – foto: Archivio della Provincia Autonoma di Trento

 

 

 

1968

Corteo in via Mazzini – foto: Archivio della Provincia Autonoma di Trento

 

 

 

1968

Foto: Archivio della Provincia di Trento

 

 

 

1968

Studenti e operai in corteo – foto: Archivio della Provincia Autonoma di Trento

 

 

 

«I concetti di fondo partivano dall’analisi marxista dell’economia, del lavoro, della società. Il lavoro operaio è visto come momento di sfruttamento da parte del capitale. Di qui l’attività politica tra gli operai: far crescere la “coscienza di classe”, per passare da “classe sfruttata” a “classe rivoluzionaria”. Su questi schemi si impostava la presenza nelle fabbriche, volantinaggi, assemblee, presenza costante ai cancelli delle fabbriche, cineforum, attività nei quartieri…Ovvio che nella “società bene” di Trento e del Trentino c’erano perplessità o reazioni dure.» [Franco Sandri, nato a Faedo nel 1937]

 

 

 

 

 

 

1968

Sociologi, operai, sindacalisti davanti ai cancelli della Michelin sui quali è stata alzata bandiera rossa. – Foto di Giorgio Salomon, tratta da: “Trento 1950-1980. Trent’anni di storia e cronaca” Temi editrice

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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