Come uscire da una situazione arretrata

 

L’economia trentina degli anni Cinquanta è caratterizzata in partenza da una condizione di accentuato sottosviluppo, disoccupazione ed emigrazione e dominata ancora dal settore primario. Particolarmente arretrata è l’industria, ancora bloccata al livello di sviluppo raggiunto durante il Ventennio fascista ed incapace di crescere ad un ritmo competitivo.

 

«Una situazione arretrata, assolutamente depressa. Dal punto di vista delle statistiche nazionali eravamo in fondo, a livello del Sud, che già aveva livelli abbastanza bassi.» [Intervista a Giorgio Postal, nato a Trento nel 1939]

 

Verso fine decennio prende comunque avvio una lenta ripresa e una graduale modernizzazione, che pone le basi per l’inversione di rotta degli anni Sessanta.

 

«Nel Cinquanta cominciò quell’effervescenza economico-politica che gradualmente ha portato la società trentina ad essere più volta alle attività industriali che non alle attività agricole. In quegli anni eravamo molto poveri, però c’era questo entusiasmo che ha portato alla creazione di ditte, più di uomini che di capitale.» [Intervista a Mariano Gianotti, nato a Pergine nel 1938]

 

interventi

Italcementi, Piedicastello Trento – © Archivio storico fotografico della Provincia di Trento

 

Fino alla metà degli anni Cinquanta la Regione Trentino-Alto Adige non interviene efficacemente a sostegno della realtà industriale, perché:

  1. Non ha la possibilità di legiferare sull’industria come avviene per i settori dell’agricoltura, dell’artigianato e del turismo
  2. Ha evidenti problemi nel funzionamento, soprattutto per la forte tensione politica nella maggioranza e la divergenza di opinioni sull’impostazione da conferire allo sviluppo regionale
  3. È limitata nella sua azione dalla scarsità di risorse a disposizione dell’autonomia regionale

 

Intervista a Giorgio Grigolli, nato a Mori nel 1927

«Appena diventato segretario politico della DC, ultimi anni Quaranta, primi anni Cinquanta, uno dei temi che avevo sviluppato fu la cosiddetta “programmazione economica”. Il Trentino era arretrato dal punto di vista dell’occupazione industriale, perciò andammo, non dico ad inventare, ma ad introdurre l’aspetto della programmazione economica. L’agricoltura era dominante, ma non doveva restare esclusiva, doveva essere un elemento dal punto di vista della vitalità del Paese. Il Trentino ricostruito del dopoguerra, ripresentato all’opinione pubblica, doveva collocarsi di fronte al Paese Italia e diventare un richiamo. Da qui il motto: “dobbiamo fare delle proposte”.»

 

Verso la fine del decennio, sulla spinta di quanto accade sul territorio nazionale (in questi anni il Governo Degasperi introduce il Piano Vanoni, un piano di programmazione decennale elaborato nel 1954 dal Ministro dell’Economia Ezio Vanoni, che prevede uno sviluppo economico basato sostanzialmente sull’incremento dell’occupazione e del reddito), la Regione vara un pacchetto di interventi di diversa natura con lo scopo di individuare le problematiche territoriali e proporre soluzioni d’intervento.

 

Intervista a Giorgio Postal, nato a Trento nel 1939

«Solo dopo la metà degli anni Cinquanta sulla spinta del “Piano Vanoni” la Regione mette in atto una serie di ricerche introduttive alle questioni dell’industria e poi gradualmente inizia ad entrare in profondità dal punto di vista del sostegno delle attività industriali.»

 

La Regione predispone innanzitutto un’indagine a tappeto sull’economia locale, per valutare la situazione economica e le potenzialità del territorio, affidandola al professore Umberto Toschi.

 

«Gli economisti avevano valutato che la cosa che costava di meno e dava di più era quella di concentrare le industrie sull’asta dell’Adige e qualcosa in Valsugana: questo avrebbe voluto dire accentuare la differenza con le valli. Il Piano Urbanistico è nato da questo contrasto, perché Kessler ha dato questo input: “Voglio un equilibrio territoriale, fate di tutto per raggiungerlo”.» [Intervista a Sergio Giovanazzi, nato a Trento nel 1937]

 

Gli interventi iniziali prevedono il rafforzamento del sistema creditizio. Si incentivano gli investimenti dei privati nel settore industriale attraverso la concessione di contributi sugli investimenti e sui mutui per l’industria e vengono erogati finanziamenti ai Comuni per la messa a punto di aree industriali.

 

«Il massimo del fenomeno si è avuto a Rovereto, che aveva bisogno di un risollevamento industriale: hanno realizzato aree industriali estese, facilitato l’arrivo di imprese gradevolmente attratte dalla situazione geografica di Rovereto e anche, pian pianino, dall’esistenza dell’autostrada del Brennero che negli anni CInquanta non c’era ancora.» [Intervista a Mariano Gianotti, nato a Pergine nel 1938]

 

 

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