Sotto la spinta di ambienti austriaci e bavaresi di stampo “pangermanista”*

 

Tra il ’64 ed il ’67 si assiste ad una catena di attentati di impianto neonazista, il cui obiettivo è uccidere e sui
quali non è sempre chiaro l’atteggiamento delle più alte cariche dello Stato austriaco.

Il peggior biennio è quello fra il 1966 ed il 1967, in cui si verificano tragici attentati a San Martino di Casiez, Malga Sasso, Cima Vallona e alla stazione dei treni di Trento. L’obiettivo che si prefigurano tali movimenti terroristici è di contrastare nella maniera più cruenta qualunque ipotesi di accordo tra lo Stato italiano e la minoranza.

 

riorganizzazione del movimento terroristico

Prima pagina de “L’eco di Bergamo” con la notizia della strage di Cima Vallona – © L’Eco di Bergamo (anno XVIII, n. 25; 26 giugno 1967)

 

«Nella grande retata dopo la Notte dei Fuochi avevano decapitato i gruppi terroristici organizzati: un assistente universitario di Innsbruck, Norbert Burger, neonazista e pangermanista, aveva addestrato un manipolo di giovani alla guerriglia e raccolto i terroristi sbandati che ormai non avevano più riferimenti e li aveva fatti diventare un vero e proprio nucleo di guerriglia, non più con l’obiettivo di dimostrare l’evidenza della causa tirolese attraverso azioni non esplicitamente indirizzate ad uccidere, ma, viceversa, adottando la tecnica dell’aggressione armata e dell’agguato. L’obiettivo era uccidere e, dal ’64 in poi, c’è la fase più cruenta del terrorismo sudtirolese. L’idea originaria di sensibilizzare si era sostituita a quella dell’attacco diretto alle forze dell’ordine e ad ogni simbolo che rappresentasse “l’italianità. […]

Il biennio più tragico è stato il ’66-’67; il ’66 con una sequenza allucinante: basta ricordare San Martino di Casiez e Malga Sasso. Si trattava di attacchi veri e propri, di mitragliate. Singolare, per richiamare l’atmosfera dei tempi è stata una canzone dei Pooh “Brennero ’66”, che evocava il dramma di questi attentati: è stata censurata ed è stata poi rimessa in circolo con un titolo diverso “Le campane del silenzio”. Ed il ’67 è stato un anno ancor più tragico. Quello di Cima Vallona è un attacco in grande stile, lucido, feroce. Una mina sotto ad un traliccio, salta la mina, arrivano le forze dell’ordine per vedere quel che era successo. Avevano minato il terreno, quindi uno mette il piede su una mina e salta in aria. Subito vengono chiamate le truppe specializzate, che arrivano con un elicottero da Bolzano, bonificano la zona e poi intraprendono la via del ritorno in un sentiero obbligato, sentiero che era stato minato, così ne sono morti altri tre.

Quindi quattro morti: è difficile pensare che dietro un’azione di questo tipo non ci fosse solo la volontà di uccidere. Con questa e con l’attentato alla stazione di Trento! A Trento era stata rinvenuta una valigia sospetta. Due poliziotti, Foti e Martini, hanno spostato la valigia e nel trasporto la valigia è saltata e loro sono morti. Perché ho raccontato questo? Da un lato per rappresentare la follia dell’ultima fase del terrorismo, ma anche per dire che se c’era un qualche fiancheggiamento da parte della popolazione o di una certa politica, questo fiancheggiamento è totalmente venuto meno. Il terrorismo è stato riconosciuto per quel che era, azione criminale.» [Intervista a Mauro Marcantoni, nato a Trento nel 1949]

 

riorganizzazione del movimento terroristico

Attentato alla stazione di Trento nel settembre 1967 – © F.Faganello, F.de Battaglia, “Trento. Cronache 1950-2000”, [Trento]: Comune di Trento 2001

 

«Il terrorismo che va dal 1963-1964 fino alla fine del ‘67 è di matrice neonazista, con l’intento di sparare all’uomo, e difatti ci sono molti morti. In dieci anni ci sono stati quasi 350 attentati e 19 morti, concentrati tutti negli ultimi anni. Del resto ci sono degli episodi inquietanti, per esempio il caso Amplatz [Luis Amplatz, attivista sudtirolese, trovato morto il 7 settembre 1964 in un fienile della Val Passiria, proprio mentre sono in corso i primi negoziati tra Austria ed Italia a Ginevra. N.d.R]. L’attentatore è Christian Kerbler, figura ambigua e spregiudicata, probabilmente al soldo dei servizi segreti italiani. La vicenda avrà un forte riscontro mediatico cui seguirà un processo, che avrà conclusione il 21 luglio 1971 con la Sentenza della Corte d’Assise di Perugia, che condannerà Kerbler a ventidue anni di reclusione. N.d.R.]. Amplatz è uno dei più noti terroristi che viene trovato improvvisamente morto; aveva lasciato un testamento in cui, tra l’altro, diceva alcune cose estremamente imbarazzanti per l’Austria e per il Ministro degli Esteri austriaco Kreisky, perché sosteneva che i terroristi, già nel 1959-1960, avevano avuto una serie di rapporti con Kreisky e con il capo della polizia nord tirolese, che aveva garantito la copertura nel caso in cui i terroristi fossero stati costretti a fuoriuscire.

Solo dopo la strage di Cima Vallona l’Austria interviene con determinazione, perché l’Italia a quel punto decide di porre il veto all’ingresso dell’Austria nella Comunità Europea. Per l’Austria il fatto di non entrare nella Comunità Europea determinava problemi economici gravissimi. Solo dopo questa decisione estrema dell’Italia l’Austria interviene pesantemente e arresta i capi dei terroristi che, pur essendo rei confessi, erano stati assolti dalle giurie popolari. Finalmente, dopo questo intervento pesantissimo dell’Italia, il terrorismo va verso un esaurimento.

Anche in Trentino ogni bomba che saltava, anche quelle che non determinavano morti, creavano una situazione di allarme e preoccupazione fortissima. Da ricordare comunque che mentre il primo terrorismo poteva anche avere il significato e l’obiettivo di richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica interna e internazionale sulla questione sudtirolese, il secondo terrorismo, di stampo neonazista e “pangermanista”, dagli anni ’63 in poi, si poneva sempre di traverso rispetto a tutte le azioni che potevano essere messe in atto, sia in sede interna sia internazionale, con l’obiettivo di arrivare alla pacificazione.

Il nuovo Statuto, con rovesciamento dell’attribuzione delle competenze, è un’idea che prende corpo già nel ’61-’62. Dal ’62 in poi si è andati avanti sempre con quel tipo di obiettivo: di arrivare a un’intesa con i sudtirolesi, che peraltro volevano la soppressione della Regione, cosa che, da parte italiana, nessuno voleva. Nel contempo si sapeva che la situazione avrebbe potuto trovare un suo punto d’arrivo. Ciò che creava preoccupazione era soprattutto il terrorismo, mentre la convinzione di trovare un accordo con i sudtirolesi, già alla metà degli anni Sessanta, era abbastanza forte e condivisa.» [Intervista a Giorgio Postal, nato a Trento nel 1939]

 

riorganizzazione del movimento terroristico

Manifestazioni in Piazza Duomo a Trento contro il terrorismo sudtirolese – © F.Faganello, F.de Battaglia, “Trento. Cronache 1950-2000”, [Trento]: Comune di Trento 2001

 

«Il Trentino ha sempre avuto problemi di convivenza estesa, costruttiva, creativa del popolo trentino: occorre ricordare che siamo stati austriaci, quindi veniamo da una storia che è mista, caratterizzata da personalità diverse. Il Trentino era territorio del sud; inizialmente, eravamo dentro al grande Tirolo. Questo ha significato molto dal punto di vista della convivenza tra eredità diverse, questo addentellato della presenza minoritaria in Alto Adige e Sudtirolo e dei trentini minoritari – mocheni, ladini e cimbri. Nel frattempo è venuto avanti anche questo senso del compartecipare, del concrescere e corrispondere con difficoltà. Il primo Statuto di autonomia è del ’48, il secondo del ’71, quello attualmente vigente.

Ma nello spazio che va dal ’48 al ’71, c’è una vicenda di contrasti, oltre che di convivenza, cioè gli attentati: la famosa “Notte dei Fuochi”, l’estremismo sudtirolese che insidiava anche i sudtirolesi positivi e costruttivi, tipo Magnago, tipo Benedicter. Queste persone, elette dal popolo locale, tentavano di convivere con gli estremisti, però, evidentemente, occorreva ripartire, perché la prima loro richiesta, negli anni ’47-’48, fu quella di fare una Regione a parte: non volevano una Regione di convivenza, ma una Regione “per popolazione”, ognuno con la sua storia e alla sua maniera. Negli anni Sessanta, e poi anche negli anni Settanta, siamo riusciti a connettere tradizioni di storia e di veduta specifica, etnica, con il vivere consociato.

Non dico che eravamo la voce di Roma qui in Trentino, ma ricordo i contatti avuti allora con Degasperi, con i governi Andreotti, Rumor; quando si è arrivati alla definizione del secondo Statuto del 1971, dopo le notti, i morti, gli attentati avvenuti in Alto Adige contro le forze dell’ordine e, soprattutto, mettendo in Alto Adige gli italiani, in netta minoranza, sotto il cappio del dominio etnico sudtirolese. Noi dovevamo anche fare gli avvocati degli italiani minoritari che erano e che sono anche adesso a Bolzano. Tutto sommato, fra varie questioni, abbiamo cercato, con qualche consenso anche di lassù spontaneo e abbastanza valido, di muovere le cose evitando che il confine di Salorno in Alto Adige fosse un confine insuperabile: la terra del Trentino va da Borghetto al Brennero e occorre lavorare all’interno di tutto questo spazio, ognuno valutando il suo, ma cercando di venire anche incontro.

[…] L’attentato era sentito come un rischio, voleva dire una rottura con Roma e al tempo stesso con gli italiani di Bolzano e, quindi, era un rischio anche a livello internazionale di convivenza – sapete che la questione dell’Alto Adige è andata a finire all’ONU. Roma, tendenzialmente, era restia a dare quello che gli altri chiedevano, anche perché lo chiedevano in modo smisurato ed eccessivo in relazione all’Austria. È stato un periodo di convivenza giorno per giorno: contatti fra Trento e Bolzano, avanti e indietro. Ricordo che ci trovavamo anche a casa: Kessler era molto contrastante rispetto a Benedicter, che voleva l’autonomia tutta per Bolzano. Una volta sono stato a casa di Benedicter a parlare dei problemi dell’Alto Adige, del “Pacchetto”: abbiamo fatto tardi. Ricordo Kessler che andava in cucina di Benedicter e chiedeva: “Com’è che non hai qui una mortadella da mangiare? Altro che autonomia! Procura da mangiare un boccone anche a noi!”. Vivevamo in modo spartano, con dignità, ma con misura.» [Intervista a Giorgio Grigolli, nato a Mori nel 1927]

 

Il terrorismo altoatesino nacque per un complesso di concause politiche e di disadattamento sociale; non è un caso che le prime bombe non siano state collocate sui treni o nelle stazioni, ma sui tralicci dell’alta tensione, che erano il segno dell’industrializzazione che penetrava nelle vallate e scardinava tradizioni, valori, modi di vivere.

 

* Pangermanismo: Denominazione dell’ideologia identitaria e del movimento politico tesi a perseguire l’unificazione e la supremazia internazionale dei popoli di stirpe tedesca.

 

 

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