Il disastro dell’alluvione del 1966 colpisce principalmente, oltre ai territori lungo il corso dell’Adige, le zone del Trentino orientale: Valli di Fiemme e Fassa, Primiero, Tesino e Bassa Valsugana, con l’allagamento delle campagne fino al confine col Veneto.

Il torrente Avisio riempie il bacino di Stramentizzo che, parzialmente aperto, forma l’onda di piena la quale una volta arrivata all’Adige, allaga Trento e contribuisce alle tracimazioni fino a Rovereto. I danni minori si registrano tra Rovereto, Mori e Verona con l’apertura della galleria Adige-Garda l’acqua dell’Adige viene fatta confluire nel lago di Garda, che si alza di 18 centimetri.

 

In Primiero i paesi sono coperti dal fango. Il telegiornale di sabato 5 novembre annuncia: «la Valle di Primiero è isolata, le comunicazioni stradali sono interrotte, la linea telefonica è muta». Il corrispondente delle Valli del Cismon, Giovanni Meneguz, scrive: «I viveri sono frazionati, manca l’energia elettrica, manca l’acqua potabile. Le fognature sono rotte e si teme il pericolo di epidemia».

 

L’alluvione è disastrosa anche per la Valfloriana: Ischiazza viene letteralmente travolto dalla piena dell’Avisio.

 

Due giorni dopo, il 7 settembre il TG completa il quadro del disastro: «In Valsugana altri disastri, case sventrate dalla furia dei torrenti di montagna e dallo straripamento del Brenta; le strade sconvolte, binari divelti, ponti asportati.»

 

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Borgo Valsugana invaso dall’acqua – Foto tratta da: “La brentana. L’alluvione del 1966 nella Valsugana”

 

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Strigno, via XXIV maggio, rio Cinaga – Foto tratta da: “La brentana. L’alluvione del 1966 nella Valsugana”

 

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Ivano Fracena, resti del ponte per Strigno e Villa Agnedo, torrente Chieppena Foto tratta da: “La brentana. L’alluvione del 1966 nella Valsugana orientale”

 

Per vedere altre foto sull’Alluvione nei paesi della Valsugana, clicca qui. [credit material: associazione Croxarie]

 

 

 

 

 

 

 

 

«Allora c’era Kessler e mi ricordo che – adesso non sarebbe immaginabile – a tutti i dipendenti del Museo e primo il Direttore, che ero io, ha detto: “Vi metto a disposizione l’elicottero della Provincia per andare sui punti di maggior disagio, andate là e quello che dovete fare lo vedrete!”. Allora siamo stati i primi ad andare in Primiero, dov’era un disastro tremendo. Mi ricordo un militare poverino su una scavatrice che ha riaperto la strada dopo non so quante ore ininterrotte di scavo; l’abbiamo incontrato per caso, ed è svenuto quando ha finito il lavoro.» [Gino Tomasi, nato a Trento nel 1927]

 

 

 

 

 

 

I diversi servizi del Telegiornale Regionale non esitano a descrivere la drammatica situazione:

«Oggi, 20 novembre 1966, la popolazione di Ischiazza ha abbandonato le case ormai diroccate, una lenta processione di uomini e donne, di vecchi e di bambini, ha lasciato il villaggio sul fondovalle con la croce e gli arredi sacri della piccola chiesa di paese, e si è trasferita a Casatta di Valfloriana, qui presso parenti o alloggi di fortuna attenderanno la costruzione di un nuovo villaggio».

 

«Nel Trentino devastato dalle frane alcune frazioni sono ormai senza vita, gli ultimi abitanti lasciano le case diroccate o pericolanti portando in salvo le poche cose salvate dal disastro. I paesini della Valfloriana sono invasi da un fiume pietrificato di massi e detriti coperti dalla prima neve».

 

Le vittime dell’alluvione in Trentino sono 22. In 500 rimangono senza casa.

Nei tre anni successivi, la Procura di Trento svolge delle indagini per individuare eventuali responsabilità, ma viene confermato che i tecnici hanno fatto il possibile per tutelare la popolazione e il territorio, prima, durante e dopo l’alluvione e per affrontare e limitare la portata e le conseguenze del disastro

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Credit foto: associazione Croxarie

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