La donna non lo metta in dubbio!
Nella famiglia come nella società, i ruoli determinati dal genere sono ancora molto rigidi e impostati su concezioni tendenzialmente patriarcali. La donna viene considerata “angelo del focolare” e si dedica alla cura della casa e all’educazione dei figli; è subordinata al padre, al fratello o al marito e deve sottostare alle sue decisioni.
Questa soggezione alla potestà maschile è attestata anche sul piano giuridico; l’articolo 144 del codice civile infatti enuncia: «Il marito è il capo della famiglia; la moglie segue la condizione civile di lui, ne assume il cognome ed è obbligata ad accompagnarlo dovunque egli crede opportuno fissare la sua residenza.»
L’uomo ha in via esclusiva la patria potestà sui figli: è un’autorità da rispettare, ha il dovere di mantenere la famiglia ed il diritto di lavorare. Per una donna invece, lavorare significa rinunciare ad avere una famiglia. Chi lavora, dopo il matrimonio, si licenzia perché il suo dovere primario diventa la cura a tempo pieno della nuova famiglia, senza alcuna possibilità di conciliare vita familiare e lavoro.
La gran parte delle donne accetta la propria condizione, e non ha ancora la forza, il coraggio o la determinazione di ribellarsi, o quantomeno di rivendicare i propri diritti. I casi di disobbedienza sono rari e comportano conseguenze particolarmente gravi. Alcune donne, tuttavia, con piccole scelte quotidiane, dimostrano la propria forza e contribuiscono, in sordina, alle premesse di quella che sarà la grande rivoluzione degli anni Sessanta.
«Io sono sempre stata femminista! Io me lo sentivo. Le mie amiche invece erano tutte obbedienti… Io scappavo per andare al cinema o per andare a ballare. Una volta mio padre è venuto a prendermi e mi ha fatto fare tutta la strada a pedate. Avete presente Il Pilota a Pergine? (si tratta di un locale, ndr) Ecco, quando io lo vedevo arrivare dal cancello – perché da casa partivo vestita in un modo, poi andavo dalla mia amica e mi vestivo in un altro modo – dicevo a quello con cui ballavo: “Portami nei gabinetti!”. E lui: “Ma perché?”. “Perché se no le prendi da mio padre!”.» [Intervista ad Erminia Pozzato, nata a Pergine nel 1936]
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Credits Materials: Progetto “Generiamo Memoria” – Associazione Te@
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